Anna Peruzzo Coaching

Colpevoli di felicità? Tifa per la tua gioia e smettila di farti piccola per compiacere gli altri!

Perché chi ti è vicino può sabotare la tua gioia?

Succede in silenzio. Quasi senza accorgercene. Hai un momento tuo — uno di quelli rari, preziosi. Un piccolo miracolo quotidiano: un’idea che ti entusiasma, una giornata tutta per te, un progetto che prende forma, un incontro che ti accende dentro. Vorresti danzare. Vorresti raccontarlo. Condividerlo. Far brillare quella luce nuova.

E invece… ecco che arriva quella freccia sottile. Uno sguardo torvo. Una battuta che punge. Una frase tagliente. O, peggio ancora, un silenzio che pesa come una condanna.

“Ah, quindi per quella cosa là hai tempo.”
“Sembra che ti importi più di questo che di me.”
“Beata te che puoi permetterti certe cose.”

E in un attimo, la gioia si accartoccia. Il cuore si stringe. Dentro, si affaccia una voce antica:

“Forse sto sbagliando qualcosa. Forse è egoismo. Forse non dovrei.”

 

La dinamica invisibile: quando l’altro si sente minacciato dalla tua libertà

Quello che accade in questi momenti ha radici profonde e, spesso, invisibili. Quando sei in una relazione — amorosa, familiare o anche d’amicizia — con qualcuno che non ha guarito le proprie ferite, che vive nell’insicurezza o ha bisogno di controllo e centralità emotiva, ogni tua espansione può essere percepita come una minaccia.

La tua libertà diventa uno specchio scomodo.

Il tuo entusiasmo gli fa sentire quanto è distante da quella vitalità. La tua gioia sembra dire: “Io non ho bisogno di te per stare bene.” E allora, ecco che scatta la difesa: devo ridimensionarti, abbassarti, farti sentire sbagliata. Non perché non ti ami, ma perché la tua luce rende evidente la sua ombra. È come se dicesse (senza dirlo):

“Se io sono piccolo, anche tu devi esserlo.”

Ed ecco che nasce un gioco emotivo tossico:

    • Ti faccio sentire in colpa per la tua gioia

    • Così tu la trattieni

    • E torni sotto il mio controllo

In questo schema, l’altro — spesso in modo del tutto inconscio — stabilisce i tuoi limiti di espansione. Se li superi, scatta la punizione: il gelo, la critica, la distanza, il sarcasmo.

E tu? Tu lo senti nel corpo. Quel nodo in gola. Quella tensione sottile. Proprio quando stavi per ridere, ballare, brillare.

 

Le radici infantili dell’inversione tossica della gioia

Questa inversione — dove la gioia diventa colpa — non nasce oggi.
Nasce molto prima. Da bambine, spesso abbiamo fatto esperienza dell’amore condizionato.

Frasi come:

“Ti voglio bene solo se sei brava.”
“Se ridi troppo forte, disturbi.”
“Se ti fai notare troppo, poi ti sgridano.”

Ci hanno insegnato una verità distorta, ma profondamente radicata:
La gioia espressa = pericolo di perdere amore
Brillare troppo = rischio di venire escluse o punite

Così, per sentirci amate, abbiamo imparato a trattenerci. A moderare l’entusiasmo. A contenere la luce. E abbiamo assunto un’identità molto funzionale: quella della “brava bambina”.

La brava bambina:

    • non disturba

    • non fa ombra a nessuno

    • non supera i limiti emotivi degli altri

    • si adatta, si riduce, si spegne

E lo fa per amore. Per appartenere. Per non essere lasciata sola.

 

Quando l’eco ritorna: le relazioni che riattivano la ferita

Oggi sei adulta. Hai sogni, desideri, progetti. Ti stai risvegliando. Ma quella bambina è ancora dentro di te. Ogni volta che chi ti sta accanto — con lo sguardo, con un gesto, con una frase — ti rimanda il messaggio:

“La tua luce mi infastidisce. Spegnila, altrimenti non posso amarti.”

…e succede qualcosa. La bambina interiore si allarma. Sente il pericolo. E attiva la strategia che conosce meglio: rinunciare a sé per non perdere l’amore.

La trasformazione si compie:
La gioia si trasforma in colpa.
Il cuore si ritrae.
La voce dentro sussurra: “Non dovrei. È troppo. Sto sbagliando.”

E tu ti fai piccola. Di nuovo.

 

Ma la verità è un’altra. Ed è ora di ricordarla.

La tua gioia non è un errore.
La tua luce non è un’offesa.
La tua espansione non è un tradimento.

È vita che chiede spazio.
È la tua anima che si apre.
È il tuo corpo che finalmente si sente al sicuro, abbastanza da danzare.

Chi ti ama davvero, non ti chiede di spegnerti.
Non ti misura.
Non ti limita.
Chi ti ama, si illumina con te.

 

Ti sei mai chiesta da quanto tempo sei diventata la “brava bambina”?

Prova a fermarti un attimo.

    • Quante volte hai spento la tua gioia per non turbare chi ti era vicino?

    • Quante volte hai trattenuto l’entusiasmo per paura che l’altro si sentisse escluso o sminuito?

    • Quante volte ti sei fatta piccola per non far sentire l’altro “meno”?

E ora chiediti: è davvero amore questo?

 

Esercizio di consapevolezza: osserva, non giudicare

Ti propongo un semplice esercizio.

1. Scrivi le ultime 5 cose che ti hanno resa felice.
Anche piccole. Una passeggiata, una canzone, un traguardo.

2. Poi scrivi come è stata accolta quella felicità da chi ti era accanto.
Condivisione? Gioia? Fastidio? Silenzio?

3. E infine, come hai reagito tu.
Hai trattenuto? Ti sei giustificata? Hai smesso di raccontare?

Non è per giudicare.
È per vedere.
Perché la consapevolezza è il primo atto d’amore verso te stessa.

 

Dunque: tu, tifi per la tua gioia?

In un mondo che spesso ci chiede di rimpicciolirci, in relazioni che — per paura, insicurezza o abitudine — ci impongono limiti non nostri, la più grande rivoluzione è scegliere di restare nella gioia. Di non smettere di brillare, anche quando fa paura. Di dire, a voce alta:

“Io non sono qui per essere contenuta.
Sono qui per essere viva.
E chi mi ama, tifa per questo.”

La domanda ora è: tu, lo fai?

Tifi per la tua gioia?
La proteggi, la custodisci, la scegli?

Se sì… dichiaralo. A te stessa. Al mondo.

Perché la tua gioia è sacra.
E non c’è amore che meriti il tuo sacrificio.

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